Inno obbligatorio sì, inno obbligatorio no….

Fabio Canevascini

Fabio Canevascini

Nei prossimi giorni in Gran Consiglio si tornerà a discutere dell’obbligatorietà o meno di insegnare l’Inno svizzero nelle scuole. Come già per il confronto sull’esposizione della bandiera, anche in questo caso ci sarà da attendersi un’estremizzazione che suonerà più o meno così: “chi ama la Patria vota sì all’introduzione dell’insegnamento obbligatorio dell’Inno e chi vota per non inserirlo allora vuol dire che non è veramente legato alla nostra nazione”.

È facile, su tematiche come questa, trasformare il dibattito politico in un’arena di sentimenti ed emozioni. È facile anche perché in questo caso emotività e ricordi personali la fanno da padroni. Ognuno di noi ha ricordi commoventi legati alle note composte da Alberik Zwyssig nel 1841: a me ricorda l’ultimo giorno della scuola reclute ed anche la prima esperienza in consiglio comunale, a chi l’inaugurazione di qualche edificio pubblico, a chi una celebrazione del Primo d’agosto, a chi una partita di calcio della Nazionale. E con i ricordi tornano alla mente le persone con cui eravamo in quella occasione, i volti commossi, magari qualche occhio lucido, la vicinanza emotiva con gli amici.

La prima idea, condivisa da tutta la commissione scolastica era quella di suggerire ai docenti di educazione musicale di insegnare l’Inno. Non obbligare, ma giustamente suggerire e caldeggiare. E se ci fossimo, in Gran Consiglio, limitati a suggerire, il voto sarebbe stato unanime, perché eravamo tutti d’accordo. Ma quando i giochi sembravano fatti, c’è stato chi ha deciso che consigliare non era abbastanza e bisognava obbligare. Obbligare i docenti di ogni ordine scolastico a insegnare l’Inno svizzero. Tutti noi abbiamo ricordi scolastici legati all’obbligatorietà e, in genere, non particolarmente positivi: opere letterarie magnifiche appiattite dall’obbligo di dovercisi confrontare in un’aula scolastica, lotta con la noia del dover analizzare e comprendere delle opere che dovrebbero o potrebbero essere apprezzate principalmente per la loro bellezza. Questo è il principale rischio a cui si va incontro rendendo obbligatorio l’insegnamento dell’inno: lo svincolamento del suo senso emotivo e legato all’affetto che ogni cittadino porta verso il nostro “Quando bionda aurora”.
L’inno è un momento che segna il nostro legame sociale, il nostro voler essere comunità coesa e solidale, che segna la nostra Storia. Una Svizzera vera, umanitaria, generosa, accogliente e solidale. Una Svizzera che ha nella Storia delle sue conquiste sociali un’eredità invidiata in tutto il mondo.
È un momento sacro, quello dell’inno, un momento di, in qualche modo, preghiera che unisce il singolo alla comunità alla quale appartiene.
Ha senso insegnare questa unione in modo automatico e meccanico durante una lezione di educazione musicale? Ha senso slegare l’esperienza personale di magia e di comunione emotiva dalla nostra comune esperienza sociale con la Madre Patria e obbligare gli studenti e i ragazzi ad imparare un testo e una melodia per nulla semplici dal punto di vista tecnico, e a impararli in quanto tali e privi del dal loro contenuto emotivo? Avrebbe senso se le lezioni iniziassero tutte le mattine sul piazzale della scuola con un alzabandiera accompagnato dalle note del Salmo, magari con gli allievi vestiti tutti con la medesima divisa scolastica? Immagino i vostri sorrisi e i vostri commenti a uno scenario di questo tipo, più simile a qualche staterello dittatoriale che alla nostra Svizzera libera e solidale.
Io faccio la distinzione tra le nozioni che si imparano a scuola e quelle che si assimilano con l’esperienza, con la vita vissuta giorno per giorno. Sono entrambi modi importanti di imparare, e nessuno dei due è meglio. Ci sono argomenti e situazioni che si imparano studiandole e altre che entrano nella nostra esperienza vivendole. Il giusto orgoglio che l’inno nazionale ispira quando lo sentiamo suonare e quando lo cantiamo fa parte sicuramente della seconda categoria: va imparato in situazioni emotivamente coinvolgenti. Cercare di farlo entrare in modo obbligatorio e con il rischio di privarlo del pathos che lo deve accompagnare sarebbe un altro modo per allontanare i giovani da un sano attaccamento alle nostre tradizioni. Per questo motivo sono favorevole al suggerimento di insegnare l’Inno nazionale a scuola, ma contrario all’introduzione di un’obbligatorietà.

 

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